Presentato nel corso dell’ultima Berlinale e probabilmente senza una distribuzione cinematografica nelle sale italiane, Muito Romântico è stato proiettato in anteprima mondiale alla 34a edizione del Torino Film Festival nella categoria Onde. Melissa Dullius e Gustavo Jhan, che hanno curato la regia e interpretato i ruoli principali, in Muito Romântico continuano un discorso già iniziato con opere precedenti realizzate nella loro pur giovane carriera cinematografica, ma in questo caso i due registi hanno voluto introdurre anche significativi elementi autobiografici che fanno della pellicola una dichiarazione d’amore verso il cinema. Il film si muove perennemente in bilico tra biopic, documentario e mockumentary; nonostante ciò i segni di scollegamento sono ridotti al minimo e non si notano che a piccoli tratti disomogenei e fastidiosi movimenti a “zig-zag” che di solito rappresentano la trappola in cui spesso cade chi si cimenta in questo tourbillon di generi. Da questo punto di vista forse li aiuta anche la durata del film che non va oltre i 65 minuti. Tuttavia non è questa la particolarità della sperimentazione di Muito Romântico, quanto il rapporto tra la “confezione tecnica” delle immagini e la simbologia verbale e non verbale dei protagonisti. Immagini, parole e movimenti che si piegano alla loro visione del mondo e della relazione di coppia. Ma soprattutto alla loro visione di cinema. Un’arte questa, secondo i registi, che vacilla sotto i colpi di un modello sociale dove la creatività è azzoppata, dove la costruzione di nuovi palazzi è l’unica soluzione che si riesce a immaginare per occupare lo spazio e dove il tempo è così indistinto da confondersi e moltiplicarsi in frammenti indefiniti che rendono le persone inerti e smarrite tra vecchio e nuovo. E’ la stessa “parabola” che i registi fanno anche del cinema, ridotto ormai a fotogrammi effimeri.
Muito Romântico racconta così il loro viaggio (che in realtà è avvenuto nell’anno Duemila) a bordo di una nave cargo che li porta dal Brasile a Berlino. Dove trovano una città in espansione, occupata da gigantesche gru e in pieno boom edilizio. Inizia da lì la loro riflessione, che li indurrà in qualche modo anche a guardarsi dentro come persone e come coppia, annodando i loro pensieri e comporre con essi un patckwork da usare per protezione, come una coperta. La loro vita e il loro amore, così come il cinema, hanno bisogno della speranza per un nuovo inizio. Ma è un percorso ostico, fatto di ricordi frammentari e frammentati, di sensazioni allucinogene, di immagini alterate dal tempo o forse soltanto prodotte dalla fantasia o dal desiderio. Non c’è via d’uscita se non quella di entrare fisicamente nella Porta dell’universo e perdersi dentro un rigenerante buco nero. Ma anche questo si rivelerà vano. Le uniche certezze resteranno loro stessi, con i loro limiti, i loro dubbi angoscianti, la loro voglia ritrovare libertà e creatività espressiva: verbale, visiva e musicale (accattivante la colonna sonora). Perché alle persone (e al cinema) per poter volare non basta mascherarsi e truccarsi da uccelli se non mettono anche le ali.
La rappresentazione per immagini di tutto ciò cambia continuamente e adotta tecniche diverse. Apprezzabili i momenti con l’effetto sgranato della pellicola sia nell’accezione consueta per rappresentare i ricordi, ma soprattutto quando quelle stesse immagini ci riportano e si confondono con il mondo reale. E lì il tasso criptico del film si fa ancora più spinto, come del resto tutti i dialoghi o i monologhi che di certo non aiutano lo spettatore a leggere con facilità le mappe disegnate da Melissa Dullius e da Gustavo Jhan. Il gioco di immagini che si alternano ad alta velocità a tratti è suggestivo e rispecchia l’effetto vorticoso, quasi schizofrenico, sicuramente un po’ allucinogeno che permea tutta la pellicola dove si alternano momenti ora incalzanti, ora metafisici che spaziano da sequenze lavorate al computer alla proiezione di nude, crude, inermi diapositive. Ma nonostante spunti interessanti e salvaguardando il pregevole sforzo sperimentale, non sembra un lavoro complessivamente attraente. Alla fine il risultato tra chi vedrà il film e chi non lo vedrà potrebbe essere inesorabilmente a reti inviolate. Per i cinefili più curiosi e per i “sognatori un po’ sballati” sarà invece una goleada.
Muito Romântico: la recensione in anteprima (no spoiler)
Realtà e fantasia si intrecciano nella storia di una coppia di cinefili che decide di trasferirsi a Berlino.