Il primo giorno del resto della tua vita è la puntata numero 99 di The Walking Dead, il settimo finale di stagione, la chiusura in levare di cui noi sopravvissuti sentivamo il bisogno. Un’altra ultima puntata che si prende 15 minuti in più rispetto al solito, per raccontarsi a dovere e per dare spazio a Rick di dimostrare, ancora una volta, di meritare appieno quella stellina da sceriffo che non porta sulla divisa da tanto, troppo tempo.
La 7×16 è una puntata strana da molti punti di vista. Strana perché salta da un piano temporale all’altro, contribuendo al malessere dello spettatore; strana perché non ci sono vaganti, nemmeno uno, se per vaganti intendiamo i mostri famelici pericolosi per noi e per la nostra gente; strana perché piena di parole, di discorsi e voice over. E in questo mare di parole uno dei più silenziosi è Rick Grimes che dice tre cose, ma tutte precise e ben affilate.
Tempo fa ci siamo detti che tutte le altre comunità che abbiamo incontrato, oltre al gruppo di Atlanta, sono lo specchio di cosa sarebbe accaduto ai nostri se non avessero avuto Rick come leader; oggi Maggie corregge un po’ la nostra percezione, dichiarando che a rendere possibile questo racconto non è stato Rick, non da solo. Il vero capostipite della grande famiglia che siamo diventati è Glenn. È stato lui, 99 puntate fa, a trarre in salvo un perfetto sconosciuto bloccato dentro a un carro armato nel centro di Atlanta.
Negan non ha nessun Glenn al suo fianco. Mentre Rick ha potuto mettere insieme un gruppo sulle basi degli affetti, dell’amicizia e del rispetto, Negan ha fondato la propria leadership su terrore e punizione e, forse, l’unico modo per vincere su di lui è non stare alle sue folli regole, non tentare di sottrarsi alle sue punizioni, non lasciarsi sopraffare dalla paura.
Nel finale della sesta stagione, quando Lucille ci ha messi in ginocchio, Rick era terrorizzato. In questa 7×16 siamo ancora in ginocchio, ma siamo tanto disperati da non avere più paura. Questo ultimo episodio si chiude a cerchio con il primo di questa stessa stagione, riconosciamo in alcuni dialoghi le stesse frasi che abbiamo già sentito, ma che si stanno caricando di un’emotività diversa, precisa. Non c’è nebbia nello sguardo di Rick così come non ce n’era quando a Terminus, nel finale di quarta stagione, si era ricongiunto con i suoi, chiuso nel vagone dei cannibali. La lucidità di Rick incrina lo sguardo di Negan per un brevissimo istante (Jeffrey Dean Morgan offre, ancora una volta, un’interpretazione pazzesca), ma è in quell’istante che ognuno di noi può percepire che è finita l’epoca in cui Negan viene visto dal basso. Siamo di nuovo tutti sullo stesso piano. Questo non significa che non ci saranno altre perdite, non significa che non soffriremo o che non ci saranno lacrime. Vuol dire semplicemente che Alexandria, Hilltop e il Regno possono affrontare una guerra a testa alta.
La puntata precedente si era chiusa con Rick che minacciava Dwight di ucciderlo, occhi negli occhi, alla stessa altezza. Sasha, invece, era imprigionata in una cella dei Salvatori, e le sue soggettive ci permettevano di guardare ancora Negan dal basso verso l’alto. Una differenza nella grammatica della regia che si traspone anche sul piano del senso. Ma un istante prima di chiudersi, questo episodio ci offre un punto di vista diverso di Negan: gli occhi di Rick negli occhi del suo antagonista, le labbra che sussurrano qualcosa all’orecchio di quel dittatore del terrore che, in questo modo, è un po’ meno dittatore, un po’ meno terrorizzante.
Non è un episodio perfetto, ci sono i soliti escamotage autoriali che stridono con la veridicità del racconto – vaganti a parte – ma il risultato ottenuto ci soddisfa. Il racconto di The Walking Dead e dei rapporti sociali tra i protagonisti, molto spesso ricalca le regole del branco, del wolf pack. Persino Negan si rivolge a Rick dicendo “siete degli animali”. Re Ezechiel era un guardiano di zoo che è diventato il punto di riferimento di un’intera comunità. L’uomo capace di ammansire (e addomesticare?) una tigre sembra la figura perfetta per far ragionare Morgan quando rischia una ricaduta nell’abisso della propria follia. Allo stesso modo il compianto Hershel Greene era un veterinario, quanto di più simile a un medico si era stati in grado di trovare in seconda stagione. Rick è il lupo alfa del proprio branco, la sua posizione è legittimata fin dalla morte di Shane, in un duello tra maschi avvenuto sotto una luna quasi piena. I cuccioli di Rick sono i cuccioli del branco.
Nel corso delle stagioni il branco si è allargato, ora comprende le tre comunità che hanno intrecciato tra loro dei legami quasi di sangue. Questo è un finale di stagione che accende una miccia. Una miccia che brucerà per sei mesi, prima di esplodere – finalmente – nella puntata numero 100, il prossimo ottobre.

The Walking Dead 7: la recensione del finale di stagione (no spoiler)
Tra salti temporali, aspettative e delusioni, il finale della puntata 7x16 di The Walking Dead non è perfetto ma regala momenti particolarmente intensi.