Al Lucca Film Festival e Europa Cinema abbiamo avuto la fortuna di partecipare a un interessantissimo incontro con la grande attrice, regista e produttrice Valeria Golino, che ci ha parlato dei suoi progetti passati e futuri ma anche delle peculiarità dei mestieri del cinema.
Valeria, in cosa sei impegnata in questo momento?
Proprio in questi giorni sono nelle primissime fasi di preparazione del mio nuovo film da regista, in quel momento in cui dopo un anno e mezzo di preparazione devi finalmente iniziare a pensare al casting e a dare forma al progetto. È una fase in cui lavori quasi da sola, quindi è una fase particolarmente impegnativa.
Come vivi il processo di casting per i tuoi film da regista?
Quando mi ritrovo a fare i provini non solo devo affrontare la difficoltà di far incarnare in qualcuno i personaggi che ho già immaginato, ma anche quella di confrontarmi con dei colleghi attori, questa volta nei panni del regista. A volte è un’esperienza estremamente piacevole, a volte meno. E anche il processo di scelta non è sempre lo stesso: a volte inizi a scrivere immaginando già un interprete in quella parte, a volte invece non sai bene in che direzione andare.
Anche la bravura in fase di provino non è necessariamente indice di quanto quell’interprete sia adatto per il ruolo: in passato mi sono ritrovata a scegliere qualcuno che magari non aveva fatto la migliore delle letture ma che si è insinuato nel mio immaginario quasi come un gatto si insinua nella tua vita.
Sappiamo che sei anche una produttrice di successo. Cosa ti spinge a produrre un film?
C’è sempre un’ambizione dietro allo sforzo produttivo, la presunzione e voglia di fare qualcosa di diverso dagli altri; una presunzione che a volte trova un riscontro e a volte no. Ha comunque a che fare con il desiderio di voler far succedere qualcosa. Ad esempio in questo momento stiamo producendo un film molto bello di Cosimo Patrizi e un documentario su Julian Schnabel che verrà presentato al Tribeca Film Festival. Comunque produrre nel sistema indipendente è un ‘lavoro ingrato’, al giorno d’oggi non ci sono i guadagni di una volta ma anzi, già se riesci a non andare subito in bancarotta è una vittoria.
Qual è il cinema che preferisci, che ami vedere sullo schermo? E come è cambiato in questi anni?
Mi piace di tutto, dalla piccolissima produzione al blockbuster Hollywoodiano – Gravity di Cuaròn, ad esempio, l’ho amato. Poi ovviamente c’è il grande cinema di massa che sembra quasi un videogame, un cinema che magari mi ritrovo anche a vedere ma che non è nelle mie corde. Comunque non credo ci sia una dicotomia tra film d’autore e cinema commerciale: in entrambe le ‘categorie’ ci possono essere ottimi lavori così come cose pessime. Il problema è che il pubblico è sempre meno affezionato ai film d’essai, e questo deve farci riflettere. Mi dispiace anche che il cinema sia diventato così poco frequentato; internet sta cambiando le abitudini di tutti noi e ci stiamo sempre più staccando dal grande schermo. È un peccato.
Che ne pensi quindi dei web service – Netflix su tutti – che stanno cambiando le regole del gioco?
Sono felicissima che ci sia sempre più possibilità di scelta, basta che si capisca il valore delle diverse esperienze: è meraviglioso vedere una pellicola nell’intimità del proprio salotto ma è anche straordinario consumare questo ‘rito’ di essere in una sala buia con degli sconosciuti, tutti riuniti per condividere su un grande schermo l’esperienza cinematografica. Una cosa non deve escludere o fagocitare l’altra.
Spesso hai lavorato e lavori con l’estero. C’è qualche posto cui sei particolarmente legata?
Sai, sono molto molto legata a Los Angeles, nonostante sia una città ‘strana’, un non-luogo per eccellenza. L.A. è pericolosissima: non parlo solo di gang – ovviamente – ma anche di quello che la città ti può indurre ad essere. L’industria cinematografica lì è onnipresente ed è anche facile perdersi, ma Los Angeles con me è stata molto clemente e, anche se forse non ci vivrei così volentieri alla mia età, sono sempre felicissima di tornarci. Oggi io non andrei a cercare fortuna a L.A., ma ai giovani che pensano di andarci io consiglio di non andare alla ventura o per cercare fama, ma di partire con delle idee chiare in testa.