L’algebra della scuola media ci insegna che il prodotto di due numeri negativi dà sempre un numero positivo. Questa stessa norma potrebbe essere valida per due persone? Dall’incontro di due comportamenti autodistruttivi può nascere qualcosa di vitale? Questo assunto è alla base di Mister Felicità, nuova favola scanzonata diretta e interpretata da Alessandro Siani. Arrivato alla sua terza regia, Siani mantiene intatti gli schemi che l’hanno condotto al successo e sposta l’attenzione su un nuovo divario: non più ricchi contro poveri o Nord vs Sud, ma il discorso diventa di carattere universale: ottimismo o pessimismo.
Martino è un giovane napoletano disilluso dalla vita che passa le giornate sul divano. A causa di un incidente, sarà costretto a sostituire la sorella facendo le pulizie dal Dottor Gioia, un mental coach che sprona le persone a sviluppare un pensiero positivo per affrontare al meglio la vita. Durante un assenza del dottore, Martino si improvviserà suo assistente facendo incontri interessanti, provando a cambiare gli altri e forse anche se stesso.
I protagonisti dei film diretti da Alessandro Siani hanno un unico e complesso problema: tutti si perdono quasi completamente dietro la personalità dell’attore. Questi uomini si assomigliano un po’ tutti, non spiccano per un carattere particolare, ma sottolineano della costanti che, alla lunga, portano la comicità a essere estremamente prevedibile. Per questo motivo, di questo nuovo protagonista spiantato non capiamo molto; non aiuta la sceneggiatura (scritta dal regista con Fabio Bonifacci), fondata su un intreccio particolarmente debole e poco interessante, troppo impegnata a portare a termine tutti i compiti di ogni buon personaggio firmato Siani (sufficientemente ignorante, sbadato e nullafacente). Con soli tre film, Siani ha già modellato una vera e propria maschera sotto la quale nascondersi, una corazza solida, sicura ma purtroppo sempre identica: il suo nuovo Mister Felicità è a pochi passi dal suo primo Principe Abusivo, e questa ripetizione non fa bene a un giovane regista che dovrebbe puntare su novità e coraggio.
Anche questa volta, gli ambienti si spingono sempre lontano dall’amata Napoli (con location favolistiche da cartolina), arrivando fino agli incontaminati e ricchi paesaggi svizzeri, ma, a livello narrativo, le sequenze comiche rimangono pressoché identiche: esse si basano su molte incomprensioni linguistiche, alcune troppo inverosimili (nel 2016 anche le nonne sanno cos’è il sushi) e su alcune gag fisiche che raramente porteranno al riso.
Riprendendo la struttura di aiuto reciproco del suo primo film, il regista lascia più spessore e interesse al personaggio di Diego Abatantuono rispetto al suo protagonista. La figura moderna del mental coach viene relegata in una storyline da manuale che viene ben sostenuta dalla coppia Abatantuono/Carla Signoris (probabilmente con dei dialoghi più curati questo duo avrebbe fatto scintille).
Voler raccontare una rinascita in un periodo di grande sfiducia collettiva e personale è un obiettivo apprezzabile, eppure restare incatenato nelle medesime formule è l’augurio meno felice che si potrebbe fare alle commedie italiane per il 2017.
Mister Felicità: la recensione in anteprima del film di Siani
Alessandro Siani torna dietro e davanti la macchina da presa per una commedia leggera che funziona ma ripropone maschere e cliché già visti.