Per Netflix accrescere continuamente la propria già impressionante offerta di contenuti significa anche potersi permettere di tirare fuori dal cilindro piccoli capolavori, senza grandi preamboli né grandi campagne promozionali. È così che da un giorno all’altro, anticipata solo 4 giorni prima da un trailer che faceva presupporre una sorta di Atypical più adulta (cosa che non è, così come Dark non era uno Stranger Things più oscuro), arriva una vera, minuscola, preziosissima perla: The End Of The F***ing World, una serie da 8 puntate di 23 minuti l’una che – vi assicuriamo – divorerete in un boccone.
UN GRAPHIC NOVEL TRA DSM-5 E LIBERTÀ
Il soggetto viene direttamente dal graphic novel The End Of The Fucking World di Chuck Forsman, da cui nel 2014 Jonathan Entwistle ha tratto il cortometraggio TEOTFW, poi presentato come pilot per la serie. Alla regia dello show ritroviamo Entwistle insieme alla quasi esordiente Lucy Tcherniak, supportato dalla sceneggiatura della Charlie Covell del crime drama Marcella.
James (il bravissimo Alex Lawther, protagonista della puntata Shut Up and Dance di Black Mirror) è un ragazzino con tendenze psicopatiche: ha un passato difficile, non prova emozioni, detesta le interazioni sociali, uccide animali e medita di passare all’omicidio. Alyssa (un’altrettanto straordinaria Jessica Barden, vista in The Lobster di Lanthimos e in Penny Dreadful) invece ha un modo opposto di esser chiusa in se stessa: aggredisce le persone allo scopo di allontanarle; ha in sé una rabbia e un desiderio di scandalizzare che però collidono con la sua profonda solitudine e il suo ingestibile senso di inadeguatezza. Due vite giovani ma già difficilissime, che incontrandosi scoprono qualcosa che mai hanno conosciuto prima: la possibilità di una connessione, la spaventosa sensazione di poter aver trovato qualcuno di importante, il bisogno di scappare insieme.
La serie, un prodotto della britannica Channel 4 (la rete del Black Mirror originale) che nel resto del mondo è distribuito come originale Netflix, affronta argomenti adulti e drammatici con un tono leggero e vagamente malinconico che ben rende l’incoscienza propria della giovane età dei protagonisti, rispettando d’altro canto lo spirito gentile che anima le linee curve dei disegni di Forsman.
UNO SCRIPT SOLIDISSIMO, MAGNIFICAMENTE REALIZZATO
La sceneggiatura scorre sempre magnificamente naturale, forte di dialoghi perfettamente congegnati che rispettano la dualità dei punti di vista propria del fumetto. La durezza dei molti eventi raccontati (che si succedono in un vorticoso alternarsi che rende particolarmente densi i brevi episodi) è alleggerita dal senso di poesia di due anime senza speranza che iniziano a prendersi cura l’una dell’altra, mentre molti momenti ironici o addirittura divertenti fanno da contraltare alle sfumature più oscure.
Tra gli elementi di contorno di questa intensa black dramedy on the road, è decisamente degna di nota la coppia di agenti che avranno il compito di cercare gli adolescenti in fuga. È con loro che lo script confeziona la sua più deliziosa caratterizzazione, mettendo in scena una poliziotta intransigente e una materna: la perfetta personificazione dello spettatore nel suo approccio razionale e in quello – dominante – romanticamente emotivo. Se poi aggiungiamo che le due donne (una delle quali è interpretata da un’adorabile Gemma Whelan, la Yara Greyjoy di Game of Thrones) sono legate da una complicata attrazione reciproca, è facile intuire quanta attenzione sia stata messa dagli autori nella stesura.
Il comparto tecnico non è meno lodevole del cast artistico, e se la regia è così solida da rendere quasi incredibile la poca esperienza del tandem dietro la macchina da presa (che peraltro ha il pregio di non avvalersi dei soliti pesantissimi color grading che ormai imperano in TV), il vero punto forte di The End Of The F***ing World è la concertazione tra copione e montaggio. La rapida successione degli eventi e delle immagini, i flashback che costruiscono davanti ai nostri occhi i personaggi e il mai pretestuoso alternarsi di flashforward e cliffhanger, creano una miscela esplosiva ma garbata che incolla lo spettatore allo schermo.
IL CHITARRISTA DEI BLUR E L’ATMOSFERA ANNI ’90
La serie è certamente ambientata più o meno ai giorni nostri, come testimonia la presenza degli smartphone, eppure è geniale la volontà di Entwistle di voler intridere la serie di un mood anni ’90, che unitamente alla scelta di costumi molto poco modaioli contribuisce a farci percepire come vera e sincera una storia di ribellione individuale e generazionale dal forte sapore indie.
A rappresentare un incalcolabile valore aggiunto per lo show è poi il commento musicale: al fianco di brani meravigliosi, troviamo infatti una straordinaria colonna sonora originale scritta e suonata da Graham Coxon, geniale chitarrista dei Blur, le cui sonorità qui ricordano però soprattutto i suoi (magnifici) album solistici.
In conclusione The End Of The F***ing World è una serie piccola piccola, che vedrete (probabilmente tutta d’un fiato) nell’arco di meno di tre ore, e che però difficilmente vi lascerà indifferenti, sedimentando nei vostri cuori un po’ di quei protagonisti così problematici e così bisognosi d’aiuto.