Arriva in sala Vi presento Toni Erdmann, dopo essersi distinto nella stagione dei premi, fino alla candidatura al miglior film straniero agli Oscar appena tenutisi. Il film della tedesca Maren Ade è una commedia sui generis, considerato il metraggio decisamente ‘generoso’ (162 minuti).
UN PADRE IMBARAZZANTE
La storia è quella di Winfried Conradi (uno straordinario e irriconoscibile Peter Simonischek), un pensionato trasandato e senza alcuna inibizione che ha da sempre una propensione quasi patologica per gli scherzi. L’uomo conduce una vita solitaria in compagnia del proprio cane, ma alla morte del suo amico a quattro zampe decide di entrare a gamba tesa nella vita della figlia Ines (la brava Sandra Hüller), un businesswoman che dopo il suo trasferimento a Bucarest sta faticosamente cercando di mostrarsi seriosa, professionale e affidabile agli occhi dei propri capi. Incapace di ristabilire un dialogo con “la sua bambina”, Winfried, con una giacca lamé, una parrucca bisunta e dei dentoni finti, inizia a presentarsi agli eventi di lavoro di Ines spacciandosi per l’inesistente Toni Erdmann, un improbabile personal coach che, imbarazzante e deriso, smonta la cerimoniosità di ogni contesto. L’operazione, ovviamente, è un tentativo incredibilmente goffo (ai limiti del disagio mentale) e apparentemente controproducente di recuperare un’intesa che sembra ormai perduta da tempo.
UN PROTAGONISTA FANTASTICO E UN’INDECISIONE DI FONDO
Nel film della Ade la carne al fuoco è tantissima: il focus principale è sul rapporto padre-figlia, ovviamente, ma si toccano (o sfiorano) anche tematiche come la solitudine, le convenzioni della società borghese, la giocosità dell’infanzia mai sopita nel protagonista, una modesta critica sociale sulla Romania moderna e, molto velatamente, anche il tema dei problemi mentali.
Winfried/Toni è un personaggio continuamente sospeso tra il normale e il deviante, tra il divertente e il socialmente inaccettabile e, grazie anche alla maiuscola performance attoriale che lo porta in vita, suscita emozioni forti nello spettatore, empatico anche nei momenti più ‘fastidiosi’. La pellicola non lesina nel raccontarci le mille sfumature del protagonista e, al contrario, arriva ad eccedere oltre ogni limite nella tautologia, proponendo iterazioni ripetitive che nulla apportano alla storia e che anzi rivelano una profonda indecisione da parte della regia (non si spiegherebbero altrimenti le quasi tre ore di durata). Si riflette ma si ride anche moltissimo. Grande merito, verrebbe da dire, eppure quando la regista ci confessa candidamente che le scene più divertenti non volevano essere tali e che, durante le prime proiezioni, si chiedeva perché diavolo gli spettatori ridessero tanto, allora è evidente che non ha avuto alcun controllo del risultato finale ma solo tanta fortuna. Quando poi aggiunge che il film non era assolutamente pronto per la consegna a Cannes e che si affrettava a montarlo mentre dal grande festival continuavano a redarguirla come una scolaretta, allora è evidente che la Ade abbia ancora parecchia strada da fare come cineasta. D’altronde nelle scene più surreali il raccordo con il resto della pellicola si rivela nella sua debolezza, con un tono teatrale che, seppur gradito, a volte cozza con quello più convenzionale che prevale nella narrazione.
UN FILM DIVERTENTE, LUNGO E RUFFIANO
A dispetto di quanto dichiarato dall’autrice e dei tre quarti d’ora di troppo, Vi presento Toni Erdmann resta comunque un lavoro decisamente convincente, toccante e divertente, nonostante tradisca una ruffianeria festivaleria e una certa spocchia autoriale che portano lo script a far leva forzatamente su tutti quegli elementi che generalmente garantiscono un sicuro riscontro con la critica. Maren Ade dichiara di essersi ispirata a Cristian Mungiu (come se non fosse evidente) ma sostiene anche che al tempo delle riprese non avesse idea delle tematiche del più recente lavoro del regista rumeno. Peccato che, nonostante Bacalaureat (da noi Un padre, una figlia), sia stato presentato nella stessa edizione di Cannes, la tematica trattata fosse nota sin dall’inizio del 2015. Fortunatamente comunque Toni Edrmann ha pochi punti in comune con il film con Adrian Titieni e rimane un lavoro con una sua identità forte, penalizzatissimo da una durata che ne limiterà inevitabilmente la distribuzione e coglierà impreparato più di uno spettatore, eppure con personaggi adorabili che in qualche modo entreranno nei nostri cuori.
Considerata anche la durata da binge-watching, viene da pensare che la storia si sarebbe prestata perfettamente per la serialità televisiva, dove probabilmente la prolissa regista avrebbe trovato un terreno più fertile per la sua voglia di raccontare. Quel che ci aspetterà invece è un remake americano con Jack Nicholson e Kristen Wiig, e considerato che ci eravamo tristemente arresi al prematuro pensionamento del grande attore, è comunque una gran bella notizia.