Game Of The Year è l’ultimo documentario diretto dal talentuoso regista Alessandro Redaelli, diventato famoso grazie al convincente Funeralopolis – A Suburban Portrait. Presentato all’undicesima edizione del Biografilm Festival e premiato con il Best Film Award, il lungometraggio fa luce su una realtà ancora poco considerata dai media tradizionali, quella dell’universo videoludico italiano che, negli ultimi anni, ha avuto una crescita esponenziale.
GAME OF THE YEAR, ATTRAVERSO UN RACCONTO CORALE, CI MOSTRA UN MONDO CHE DA NICCHIA È DIVENTATO MAINSTREAM
Film diviso in sette atti, Game Of The Year offre un variegato affresco di un mondo estremamente eterogeneo. Gamers, streamer, sviluppatori, content creator: tutti finiscono nella lente di Redaelli, con i loro sogni, le loro speranze ma anche tutti i dubbi e le preoccupazioni di non poter essere in grado di sbarcare il lunario e non riuscire a tirare avanti seguendo la propria passione.
REDAELLI, CON GAME OF THE YEAR, METTE IN SCENA UNO SPACCATO DI SOCIETÀ SPECCHIO DI UNA GENERAZIONE PRECARIA
Stando ai dati, il giro d’affari prodotto dai videogame in Italia nel 2020, con un incremento del 21,9% rispetto all’anno precedente (pari a più di 2 miliardi di euro), è letteralmente esploso durante il lockdown, così come è stata straordinaria l’impennata delle ore di visualizzazioni su Twitch (numeri raddoppiati tra il 2020 e il 2021, da 3,1 a 6,3 miliardi di ore di streaming).
La prima cosa che colpisce, guardando Game Of The Year, è quanto sia cambiato, in pochissimo tempo, un settore sempre più rilevante nell’entertainment: Redaelli, che per un paio di anni ha seguito molteplici esponenti del panorama nostrano (prima della pandemia), ci mostra una realtà, soprattutto quella delle piattaforme di live streaming, ad una fase quasi embrionale rispetto a come la conosciamo oggi.
L’obiettivo del regista di Funeralopolis, grande appassionato di videogiochi, è rendere giustizia a coloro che sono ancora considerati nella società italiana come una sorta di eccentrici freak senza arte né parte. Attraverso il racconto della loro vita privata, anche di personaggi conosciuti nel web (come, ad esempio, Matteo Corradini dei The Pills, lo youtuber Sabaku no Maiku e lo streamer Attrix), Redaelli regala ai protagonisti una straordinaria umanità che non può non conquistare lo spettatore.
Game Of The Year è un prodotto ben curato sia visivamente, per quanto riguarda le scelte delle inquadrature (preponderante l’uso della camera fissa), che dal punto di vista narrativo, gestendo con equilibrio numerose storylines; come i migliori documentari di osservazione, il regista non prende posizione nei confronti di ciò che sta raccontando ma lascia al pubblico il giudizio su un fenomeno culturale che sta sempre di più diventando mainstream.
Specchio di una generazione che vive costantemente nella precarietà, Game Of The Year è un’opera di valore, che potrà negli anni acquisire ulteriore importanza anche da una prospettiva prettamente antropologica sulla comprensione di una società in costante mutamento, soprattutto dopo il Covid-19.