In un panorama in cui studios e network sfornano nuovi prodotti a ritmi incalzanti nel tentativo – spesso infruttuoso – di produrre la next big thing, la scelta di ricorrere ad adattamenti di prodotti fumettistici o letterari che già godano di una solida fanbase sembra una buona scorciatoia per contenere i rischi economici che ogni media o grande produzione comporta.
È evidente che non tutte le ciambelle riescono col buco, e tra i mille adattamenti, reboot e remake che affollano e affolleranno il grande e piccolo schermo (dai cinecomic Marvel e DC alla trasposizione cinematografica dei Power Rangers, dai mattoncini Lego al fantasy medievale di He-Man, passando per La Torre Nera o il quasi-reboot di Ghostbusters) gli esiti non sono sempre all’altezza delle aspettative.
Se alcuni elitisti storcono il naso davanti a molti di questi lavori, certe trasposizioni raggiungono un livello qualitativo tale da raccogliere consensi pressoché unanimi tanto tra i fan del materiale d’origine quanto nella comunità degli appassionati di cinema e serie TV: si pensi al modello Game Of Thrones, che non a caso in molti stanno provando a replicare senza però riuscire ad eguagliarne il successo.
Se HBO, mentre esplora quattro possibili spin-off della saga di Martin, punta tutto sull’adattamento di Westworld di Michael Crichton, la rete premium cable americana Starz entra a gamba tesa sul mercato attingendo al materiale di un autore finora incomprensibilmente ignorato: il grande Neil Gaiman.
Gaiman ha senza dubbio saputo influenzare in modo particolarmente efficace la cultura pop contemporanea, tanto con capolavori a fumetti come Sandman e Signal to Noise quanto con libri come Nessundove e Stardust. L’autore britannico è diventato così un cantastorie dei nostri giorni, capace di arricchire l’immaginario collettivo fagocitandolo a sua volta, in una rete di rimandi e citazioni che attinge tanto alla narrativa classica quanto alla mitologia di ogni parte del globo.
American Gods, uno dei suoi romanzi più amati, non si sottrae certo a questo scambio biunivoco, usando mitologie e storie immortali per creare una leggenda tutta nuova, ambientata nel paese dove tradizioni provenienti da tutto il mondo si confondono in un regno intriso di contraddizioni e spesso senza regole: il nuovo mondo, l’America.
Il protagonista della storia, Shadow Moon, è un carcerato in cerca di redenzione e in attesa di tornare alla vita di tutti i giorni, al suo lavoro e dall’adorata moglie Laura. Poco prima della scadenza dei termini di detenzione a Shadow viene concessa una scarcerazione anticipata, tuttavia – come la storia stessa ci ricorda – per ogni buona notizia ne esiste una cattiva, e infatti l’inaspettata liberazione gli viene concessa per permettergli di partecipare al funerale della consorte, morta in un incidente d’auto insieme al suo migliore amico. L’ex galeotto, ormai privo di uno scopo, incontra un vecchio dalla strana parlantina e che sembra sapere più di quanto dovrebbe, da cui riceve un’offerta di lavoro tanto misteriosa quanto inusuale: proteggerlo e guidarlo per l’America in cerca di persone che possano fermare la “tempesta in arrivo”. Quello che Shadow Moon ancora non sa è che accettando l’incarico si ritroverà nel bel mezzo di una guerra fra vecchie e nuove divinità per la sopravvivenza e l’egemonia.
Il pilot di American Gods non si limita semplicemente ad incuriosire lo spettatore in attesa del prossimo episodio, ma lo cattura con una maestria ed un lavoro a dir poco eccezionale. Se non c’erano dubbi che la regia e la composizione delle scene di David Slade (ai più noto per Hannibal) sarebbero state perfette fino a mozzare il fiato, a sorprendere è l’altissimo livello della produzione, dagli effetti speciali al casting, passando per l’adattamento e per la sceneggiatura.
Ogni movimento della camera è ben calibrato e sfruttato al suo massimo, ogni scena ben pensata ed eseguita, ogni VFX di qualità ed incorporato perfettamente ad un’immagine dall’ottima fotografia, e il tutto si muove su una storia affascinante che non si limita a seguire pedissequamente l’originale, ma che riesce a perfezionarlo pur rimanendovi fedele (dopo tutto, Gaiman stesso ha seguito interamente la produzione).
Richy Wittle interpreta perfettamente uno Shadow tormentato ed in balia di forze che non riesce a comprendere, Ian McShane ci dona un Wednesday sornione e che sembra uscito direttamente dal libro, e tutti gli altri personaggi secondari si dimostrano perfetti nei loro ruoli, nonostante la voluta assurdità ed esagerazione di alcuni momenti. Proprio di assurdità si parla, questo perché, come chi ha già letto il libro (o conosce Gaiman) ben sa, American Gods è intriso di momenti che vanno dall’onirico all’improbabile, mettendo in scena attimi di cruda violenza, di visioni e di incubi capaci di scioccare i più.
Se la violenza, l’orrore ed il surreale fanno al caso vostro (o almeno non vi disturbano), American Gods non è solo una visione consigliata, ma una serie che promette di essere imperdibile, e che probabilmente è destinata a lasciare un segno profondo sulla cultura di massa e a consacrare Starz fra i grandissimi player della serialità televisiva. In Italia potete vedere la serie in contemporanea con gli usa su Amazon Prime Video, il web service di Jeff Bezos cui può liberamente accedere chiunque abbia attivato l’opzione Prime sulla piattaforma di e-commerce (e per cui potete comunque usufruire di 30 giorni di prova gratuita). C’è da scommettere che il passaparola per American Gods farà fare un bel salto in avanti anche al concorrente di Netflix. Ci troviamo di fronte al ‘nuovo’ Game Of Thrones? Solo il tempo saprà darci una risposta.
American Gods: abbiamo un nuovo Game Of Thrones? (recensione del pilot)
La nuova visionaria serie tratta dal romanzo di Neil Gaiman, disponibile su Prime Video, promette di essere un racconto memorabile che lascerà il segno.