Joker, il film di Todd Phillips presentato in concorso alla 76a Mostra del Cinema di Venezia, arriva nello stesso anno in cui Craig Mazin stupisce il mondo con la virata al drama della sua serie TV capolavoro Chernobyl (ne abbiamo parlato qui). Parallelismo singolare, dal momento che Mazin – il quale prima della svolta ‘autoriale’ era molto più a suo agio con le commedie trash che con storie profonde – aveva firmato la sceneggiatura di Una Notte da Leoni 2 e 3 insieme a Phillips, che di quella saga era creatore e regista. Cosa ha portato quindi l’autore di cult demenziali come Old School e Borat (che comunque gli era valso una nomination agli Oscar), nonché dell’ottima crime comedy I Trafficanti, a firmare uno dei più straordinari film del 2019, destinato a lasciare il segno negli anni a venire? Probabilmente il corso di una nuova Hollywood, che però con la New Hollywood di Scorsese non ha niente a che vedere (o forse sì).
LA WARNER OSA: JOKER COME FOSSE NEGLI ANNI ’70 DI MARTIN SCORSESE
Da quando la Warner ha iniziato a rincorrere i Marvel Studios nell’affrettata costruzione di un universo supereroistico ispirato ai fumetti DC, il cosiddetto DCEU, quasi niente è andato per il verso giusto: accoglienze feroci da parte della critica e spesso molto tiepide da parte del pubblico pagante hanno dimostrato quanto fosse sbagliato per lo stesso studio che aveva portato in sala la trilogia del Batman di Christopher Nolan rincorrere il MCU senza avere una propria visione artistica originale. Un disastro costato le teste di diversi dirigenti e la cancellazione di tanti sequel già in programma, dal quale sia è aperta una nuova fase di sperimentazione che ha finalmente dato i suoi frutti.
Senza più i vincoli imposti dall’emulazione del modello dei The Walt Disney Studios, alla Warner hanno provato strade inedite: il world-building di Aquaman che sfocerà nello spin-off horror The Trench, l’approccio in stile commedia per famiglie di Shazam! e poi un progetto che con i cinecomic ha così poco in comune che sembra quasi offensivo accostarlo a questi: una storia di origini di Joker girata come un film d’autore crudo e adulto; un tributo alla New Hollywood degli anni ’70 ispirato a Taxi Driver (1976) e Re Per Una Notte (1983) di Martin Scorsese (che di Joker era inizialmente co-produttore), senza alcuna traccia di Batman e affidato a un regista e sceneggiatore che non si era nemmeno mai avvicinato al dramma.
JOAQUIN PHOENIX SI TRASFORMA: DA SCHIELE VERSO L’OSCAR
Reggere il confronto con l’indimenticabile Joker di Heath Ledger in The Dark Knight è quasi una missione suicida tanto è ambiziosa, e per affrontarla ci volevano non solo una scrittura e una regia all’altezza, ma anche un interprete di straordinario talento e flessibilità. La notizia che a portare in vita il title character sarebbe stato Joaquin Phoenix, uno dei più grandi interpreti del nostro tempo, ha immediatamente fatto capire che Todd Phillips faceva molto sul serio.
Con una trasformazione fisica degna di Christian Bale, Phoenix perde 24kg per mettere in scena il fisico ossuto e livido del personaggio, che sembra quasi uscito da un dipinto di Egon Schiele. Per prepararsi inoltre a una caratteristica di questo Joker, ovvero una risata incontrollata causata da un danno neurologico, Phoenix ha studiato con un perfezionismo maniacale gli affetti da sindrome pseudobulbare, arrivando a riprodurne anche le più piccole sfumature nel tono e nel comportamento.
Con la sua straordinaria gamma espressiva, l’attore non solo ci regala un Joker caratterizzato da una combinazione di fragilità e rabbia che ricorda il suo ruolo in The Master di Paul Thomas Anderson, ma anche una progressiva trasformazione dall’insicurezza verso la spavalderia, dalla debolezza verso la forza, dall’avvizzimento a una pervertita idea di rinascita. L’Academy non potrà non accorgersene.
FINO A CHE PUNTO È POSSIBILE EMPATIZZARE CON JOKER?
Joker non è solo il personaggio di un fumetto, Joker è un’icona della modernità. Al pari di personaggi come Darth Vader, Dracula o la creatura di Frankenstein, è una delle più importanti maschere dell’immaginario moderno; uno degli antagonisti più paradigmatici; uno degli dei spietati del pantheon novecentesco. Joker è un simbolo conosciuto quasi universalmente, che ci affascina e ci respinge.
Sin da quando venne inventato nel 1940 da Kane, Finger e Robinson, Joker si è evoluto di decennio in decennio, tra iterazioni fumettistiche, cinematografiche e videoludiche, arricchendosi di sfumature via via più interessanti ma mantenendo la caratterizzazione di fondo di un criminale psicopatico truccato da clown e con un’inquietante risata.
Come per ogni cattivo che si rispetti, Joker non è mai del tutto una figura respingente, ma ha una natura contraddittoria ed esercita sul pubblico un qualche malato fascino. Se Dracula è seducente ma demoniaco, Hannibal Lecter è raffinato ma ferino e Darth Vader è un angelo caduto, Joker è morbosamente giocoso ma spietato; la sua follia ci affascina perché deraglia dai binari della convenzionalità ma ci spaventa per la sua malata imprevedibilità. Cogliendo pienamente l’importanza di questa sfumatura, nel suo Joker Todd Phillips porta questo concetto alle estreme conseguenze, e sembra avere come scopo principale quello di portare lo spettatore a empatizzare con il protagonista finché questi non si spingerà troppo oltre perché sia possibile seguirlo nel suo percorso.
TODD PHILLIPS NON RACCONTA SOLO JOKER MA ANCHE I POPULISMI DEI NOSTRI GIORNI
A ben guardare il vero protagonista del film non è Joker stesso, ma l’individuo di cui diventerà l’alter ego: Arthur Fleck. Arthur è un uomo solo e depresso di trent’anni, che bada alla madre malata con cui ha un rapporto di attaccamento morboso, lavora come clown per un’agenzia di intrattenimento e sogna di diventare un cabarettista. Arthur convive da anni con disturbi mentali («la cosa peggiore dell’essere malato di mente è che la gente si aspetta ti comporti come fossi sano») e ha anche un disturbo neurologico che lo porta a esplodere nei momenti più inopportuni in fragorose risate cui non risponde alcun divertimento. Quando nella sua triste vita si andranno sommando una serie di episodi molto spiacevoli, Arthur prenderà quasi inconsapevolmente una strada che lo porterà a scoprire il suo passato e a trasformare la sua vita «da un dramma in una commedia».
Joker però non è solo un film sulla folle piega della vita di un singolo, ma è anche a suo modo un grande ritratto sociale. La Gotham della pellicola è senza dubbio la New York degli anni ’70 e dei primi anni ’80: una metropoli abbandonata a se stessa, funestata dalla crisi economica e occupazionale e nella quale criminali, teppisti, papponi e spacciatori hanno il controllo delle strade. Gotham è un buco nero di disperazione nel quale serpeggia una sempre più violenta invidia sociale dei poveri verso i ricchi e potenti. È proprio questo spunto – che ricorda da vicino il profetico discorso sul populismo fatto da Nolan in The Dark Knight Rises – a offrire un’interessante chiave di lettura sugli estremismi della politica contemporanea e sul pericoloso rapporto tra rabbia e ingiustizia sociale. Su quanto il confine tra giusto e sbagliato sia sempre più sfumato e labile, oggi come ieri.
JOKER (2019) È L’ADATTAMENTO DI UN ROMANZO DI VICTOR HUGO?
Un po’ come succedeva in The Dark Knight, dove il villain raccontava diverse storie in merito alle origini delle sue cicatrici, così nei fumetti non esiste una storia di origini univoca per Joker. Phillips, che firma lo script con Scott Silver (8 Mile, The Fighter), ha quindi carta bianca nell’inventarsi un percorso narrativo originale e, pur recuperando qualche elemento già noto (il protagonista è un comico fallito come nella graphic novel The Killing Joke), sceglie di non riproporre alcuna storia già raccontata.
Considerato quanto poco Joker somigli a un cine-comic, è però sorprendente vedere quante citazioni vi siano agli albi stampati e soprattutto ai film; come nel caso di un’inquadratura del protagonista che osserva soddisfatto il caos dal finestrino di una macchina della polizia; la quale rimanda tanto a un iconico momento della trilogia Nolaniana quanto per opposizione a una delle prime scene del film stesso, nella quale Arthur Fleck, depresso, osserva una città a lui ostile dal finestrino di un vagone della metropolitana.
Nonostante la mente non possa non andare ai precedenti cinematografici e fumettistici, a ben vedere una fonte di ispirazione più evidente delle altre emerge, ed è forse la più inaspettata: il romanzo L’Uomo Che Ride di Victor Hugo.
L’Homme Qui Rit, trasposto al cinema da Paul Leni nel 1928 con il titolo The Man Who Laughs, è forse la più importante fonte d’ispirazione cui nel 1940 attinsero i creatori del «clown prince of crime», e nonostante la natura profondamente diversa del protagonista, i parallelismi sono tutt’altro che trascurabili. Come nel libro di Hugo, infatti, Joker sin da quando subì una lesione da bambino è condannato a prodursi in un’eterna risata (un chelsea grin nel caso del Gwynplaine letterario, un sindrome pseudobulbare nel caso di Joker), e, come accade pure nel libro, svolge un ruolo importante la tematica della lotta di classe, mentre il main character è un emarginato con un rapporto controverso con la classe dominante – non entriamo nel dettaglio volutamente.
Questo clown triste, quindi, non solo incarna un’ottantina d’anni di storia del personaggio o l’archetipo che tanto potentemente descrive Leoncavallo nell’aria Vesti la Giubba della sua opera I Pagliacci, ma va direttamente alle radici della propria mitologia e ne ripropone gli elementi più funzionali alla storia.
IL SEQUEL DI JOKER: DOBBIAMO ASPETTARCI UN BATMAN “TOLLERANZA ZERO”?
Nonostante Joker nasca per essere un film autoconclusivo, Todd Phillips ha dichiarato di avere già idee per un sequel qualora Phoenix, il pubblico e la Warner dovessero finire per essere soddisfatti del film. Dato che sull’esito del debutto in sala del film non abbiamo dubbi, rimane solo da chiedersi cosa sarà non tanto del futuro del personaggio, ma anche della prossima trilogia reboot di Batman diretta da Matt Reeves e interpretata da Robert Pattinson. Anche se sappiamo che Phoenix e Pattinson non si incontreranno nello stesso film, è difficile credere non ci saranno nuovi rimaneggiamenti dello script per tenere conto del boom della pellicola con Phoenix, e a questo punto ci chiediamo se dobbiamo aspettarci un Batman che ricordi un po’ Rudolph Giuliani, storico sindaco di NY che risollevò la città con una politica di «tolleranza zero» verso i crimini: un decisionista controverso, costretto a metodi poco ortodossi e a volte violenti per recuperare una città completamente smarrita.
PERCHÉ JOKER SEGNA UN PUNTO DI SVOLTA NELLA STORIA DEL CINEMA
Sia chiaro: Joker da un certo punto di vista non è un film originalissimo. Il personaggio lo conosciamo ormai bene, e spesso la sensazione di déjà vu è inevitabile. Inoltre gli elementi mutuati dalla New Hollywood e in particolare da Scorsese sono tanto chiari da risultare fin troppo familiari. Al netto di ciò, però, il film riesce a non sembrare neanche lontanamente un plagio e anzi si ricolloca nella nobile categoria del rekombinant, che ibridando potenti sensazioni dal cinema del passato con l’immaginario fumettistico contemporaneo rende del tutto obsoleta l’idea di cinecomic.
L’arte ha trovato di secolo in secolo nuove vie per raggiungere le masse, che fossero le chiese per l’arte pittorica, i giornali per la letteratura, le sale per la settima arte o la pagina stampata per i fumetti. Come però non ci poniamo grandi problemi di catalogazione in uno specifico genere per una pellicola tratta da un libro, così Todd Phillips fa piazza pulita dell’idea un po’ infantilistica di cine-comic e dimostra che l’immaginario collettivo contemporaneo è pronto a un dramma ispirato a un personaggio di fumetti senza neanche più pensare a quell’idea di intrattenimento per famiglie un po’ fracassona e spettacolare. Joker sarebbe un film straordinario anche se il personaggio non fosse mai apparso su un albo illustrato e non fosse conosciuto come il più temibile avversario dell’Uomo Pipistrello. È semplicemente un film potentissimo, che mutua le più eterogenee pulsioni dell’arte cinamatografica di oggi sussumendole in un capolavoro che stabilisce un prima e un dopo. Anche di eroi e antieroi famosissimi tra grandi e piccini, si può parlare con profondissima serità.
Joker sarà nelle nostre sale dal 3 ottobre con Warner Pictures.