Il regista Stefano Mordini ritorna a dirigere Riccardo Scamarcio dopo la buona prova di Pericle il Nero ma stavolta si allontana dallo sguardo di stampo narrativo per concentrarsi sul thriller “di formazione”.
Remake dello spagnolo Contratiempo di Oriol Paulo (2016) Il Testimone Invisibile riprende lo schema del classico giallo di stampo britannico, che parte dalla morte di uno dei protagonisti per andare a ritroso e comporre il puzzle degli eventi che hanno portato a quella terribile conseguenza.
Adriano Doria (Scamarcio) è un ricco imprenditore e padre di famiglia che una mattina si sveglia accanto al cadavere di una donna nella stanza di un hotel. L’uomo non ricorda le ultime ore e dopo essere stato accusato dalla polizia dell’omicidio di Laura Vitale (Leone) si rivolge all’avvocato Virginia Ferrara (Maria Paiato), esperta penalista cui dovrà raccontare, in una lunga seduta notturna, tutti i suoi segreti per evitare l’arresto.
Il Testimone Invisibile, in sala dal 13 dicembre con Warner Bros., tenta di riproporre in chiave italiana un film che parte da un semplice assunto per poi arricchire la trama di intrecci ed elementi che contribuiscono a svelare il crimine in modo graduale, ma mentre la struttura dell’originale è ben salda su alcuni punti fondamentali, Mordini non riesce a centrare l’obiettivo a causa di una serie di errori, incongruenze e forzature che lo rendono poco avvincente, nonostante la trama sia intrigante e ben congegnata.
La sceneggiatura nasconde all’interno della storia una serie di indizi e congetture che ricostruiscono passo dopo passo gli ultimi giorni dei protagonisti, uniti da un filo sottile, che viene spezzato quando la storia si ricompone. Legare insieme tutti gli elementi che portano alla risoluzione del caso è l’elemento chiave per la buona riuscita di un giallo ma Mordini non riesce a mantenerne la coerenza, soprattutto in fase di scrittura.
La regia è piuttosto piatta, così come il montaggio ed il sonoro non sono bilanciati correttamente, tanto da indurre veri e propri attimi di sonnolenza, che non sono esattamente il massimo per lo spettatore che in sala vorrebbe godere della suspense tipica del thriller ad alta tensione. Lo schema a scatole cinesi, con sequenze che rivelano gli indizi in corso d’opera, seppur ben ideato, non riesce a convincere, rimanendo arenato in uno sviluppo scenico che ricorda di più una fiction che un vero e proprio lungometraggio concepito per il cinema.
La coppia Scamarcio–Leone non funziona per niente, così come il loro feeling con il regista. Una sorpresa negativa a dispetto del buon esito della collaborazione tra Scamarcio e Mordini per Pericle il Nero e per l’ultima prova dell’attore pugliese in Loro di Paolo Sorrentino.
Purtroppo la Leone dall’inizio non riesce ad entrare correttamente nel ruolo, rimanendo troppo distante dal suo personaggio, che appare come una figura senza profondità. Fabrizio Bentivoglio e Maria Paiato, forti della loro grande esperienza cinematografica e teatrale, riescono a gestire molto bene i loro ruoli, anche se rimangono inevitabilmente intrappolati in uno schema troppo poco credibile che incide anche sulla loro performance. La Paiato, in particolare, è l’unica ad interpretare un personaggio di spessore, riuscendo a conferire il ritmo giusto alla ricostruzione del delitto.
Nonostante i difetti del lungometraggio i due attori riescono a salvare in corner Il Testimone Invisibile almeno nelle sequenze più interessanti, ma questo, certamente, non può bastare.
Un’occasione sprecata per Mordini che non è affatto un cattivo regista, ma che in questo suo ultimo lavoro non è riuscito a trovare la giusta coordinazione tra sceneggiatura, regia, montaggio e scelta del cast a discapito di un’idea sicuramente interessante.