Cannibal Holocaust, pellicola del 1980 diretta da Ruggero Deodato, è uno dei film più controversi della storia del cinema. Nel corso degli anni la sua aura di opera estrema e di ‘film maledetto’ l’hanno resa celebre in tutto il mondo, sconvolgendo milioni di spettatori che hanno amato od odiato alla follia l’horror di Deodato. In occasione del restauro in 4K di Cannibal Holocaust, che nell’estate 2023 torna sul grande schermo per una release evento con Cat People prima di approdare in home video Midnight Factory, ripercorriamo la storia e l’influenza che ha avuto sulla cultura popolare e sul cinema di genere questo cult assoluto, nel bene e nel male.
LA TRAMA DI CANNIBAL HOLOCAUST: UNA TROUPE DI TELEREPORTER IN SPEDIZIONE NELLA FORESTA AMAZZONICA
La storia di Cannibal Holocaust prende le mosse da una spedizione di quattro giovani reporter che si recano nella Foresta Amazzonica per realizzare un documentario sulle tribù cannibali che la abitano. Quando si perdono le tracce della squadra, il prof. Monroe (Robert Kerman) viene incaricato di ripercorrerne il tragitto per trovarli, ma l’unico risultato che ottiene è quello di recuperare il girato della troupe. Nessuno però sarà preparato alle immagini agghiaccianti testimoniate da quei filmati.
CANNIBAL HOLOCAUST, IL CONTROVERSO CULT ISPIRATO A MONDO CANE CON UN GIOVANISSIMO LUCA BARBARESCHI
Dopo il successo internazionale ottenuto con il film del 1977 Ultimo Mondo Cannibale, Deodato fu contattato da alcuni produttori tedeschi per realizzare un altro cannibal movie e, con i soldi ottenuti, il regista cominciò a lavorare alla pellicola con l’aiuto del produttore Franco Palaggi. Le riprese di Cannibal Holocaust, scritto da Gianfranco Clerici (lo stesso sceneggiatore di Ultimo Mondo Cannibale), durarono ben nove settimane utilizzando come location Roma (per gli interni), New York e una piccola cittadina colombiana, Leticia, al confine con Perù e Brasile.
Per dare maggior realismo alla pellicola, Cannibal Holocaust venne girato in lingua inglese e in presa diretta ma, dato che la metà del cast doveva essere composta da italiani, Deodato scelse dall’Actors Studio alcuni giovani attori italiani che sapevano parlare in inglese, tra cui un giovanissimo Luca Barbareschi. A loro il regista fece una richiesta molto particolare, geniale dal punto di vista del marketing: firmare un contratto in cui per un anno non avrebbero fatto altri film, quasi per far perdere le loro tracce.
Per quanto concerne la scelta del compositore della colonna sonora, Ruggero Deodato non ebbe dubbi: la sua prima scelta fu infatti Riz Ortolani, colui che aveva contribuito in modo decisivo all’opera che ha ispirato Cannibal Holocaust, ovvero Mondo Cane (il famoso documentario del 1962 capostipite dei mondo movie, famosi per i loro contenuti espliciti).
CANNIBAL HOLOCAUST, LA REPUTAZIONE CRESCIUTA NEL TEMPO E LE PAROLE DI SERGIO LEONE
Cannibal Holocaust costò 180 milioni di lire ma in Italia, nonostante una buona apertura al botteghino, non incassò quanto sperato – anche per via dei problemi giudiziari nei quali il film incorse nel nostro paese. All’estero però questo horror sui generis divenne un grande successo: caso eclatante quello del Giappone, dove realizzò al box office un incasso straordinario di ben 21 milioni di dollari, quell’anno secondo solo ad E.T. L’Extra-Terrestre di Steven Spielberg.
La critica italiana accolse Cannibal Holocaust in maniera estremamente negativa, accusando Deodato di eccessivo sensazionalismo e sadismo nella rappresentazione grafica della violenza. All’estero invece il responso fu misto ma comunque polarizzato, tra estimatori entusiasti e detrattori feroci. Nel corso degli anni comunque l’opera del regista romano è stata rivalutata sia da noi che nel resto del mondo per il suo coraggio e per la natura pionieristica verso un certo tipo di horror che ha spopolato negli anni Novanta/Duemila.
Da segnalare i complimenti che Sergio Leone fece a Deodato dopo aver visto il film, apprezzando soprattutto la seconda parte di Cannibal Holocaust; tuttavia lo avvertì che il lungometraggio gli avrebbe causato molti problemi. Aveva evidentemente ragione.
CANNIBAL HOLOCAUST, I GUAI GIUDIZIARI E LA CENSURA
Nel 1980 infatti, a seguito della denuncia di un privato cittadino, Cannibal Holocaust venne sequestrato su tutto il territorio italiano con l’accusa di essere un’opera contraria ai principi del buon costume e della morale. I realizzatori del film andarono a processo e, in primo grado, Deodato, Clerici, i produttori e il distributore del film vennero condannati a quattro mesi di reclusione, a una multa e a un mese di arresto con la condizionale. Si andò in appello, la Cassazione riabilitò la pellicola ma il ritorno in sala fu solo nel 1984 – sempre con il divieto ai minori di 18 anni.
Oggi stupisce pensare che le voci circolate attorno al film furono così veritiere che al processo Deodato dovette richiamare i giovani attori per dimostrare al giudice che fossero ancora vivi e dovette inoltre testimoniare come nelle scene dei riti cannibali vennero usati effetti speciali.
Pochi film furono vittime della censura nella storia come Cannibal Holocaust: la prima versione uscita in Italia fu pesantemente tagliata mentre nel resto del mondo in molti paesi, tra cui Australia, Stati Uniti e Norvegia, la pellicola per diversi anni non poté uscire nelle sale. In Inghilterra addirittura è stato classificata nell’elenco dei “video nasty” ed ebbe l’approvazione per la distribuzione solo nel 2001.
CANNIBAL HOLOCAUST, LA SUA EREDITÀ E L’APPREZZAMENTO DI REGISTI COME TARANTINO
Ma alla fine, rivedendo al giorno d’oggi Cannibal Holocaust, qual è il giudizio sul film? A più di quarant’anni di distanza dalla sua uscita, l’opera non solo non ha perso un briciolo della sua forza cinematografica ma solleva ancora questioni di grandissima attualità.
Per quanto riguarda la regia, è una pellicola che ha cambiato per sempre un genere – e non solo quello: punta di diamante dei cannibal movie (tra cui segnaliamo anche Cannibal Ferox di Umberto Lenzi), il lungometraggio è diviso in due parti: la prima parte, quella delle ricerche del professore, è stata girata in 35 mm mentre la seconda, The Green Inferno, Deodato l’ha girata in 16mm con un uso predominante della macchina a mano.
Cannibal Holocaust è il primo horror ad utilizzare compiutamente il pretesto del ‘nastro ritrovato’, ovvero la finzione narrativa di spacciare il film per vere riprese girate con una videocamera amatoriale, in modo da regalare allo spettatore un realismo capace di metterlo a disagio. Da qui in poi il mockumentary e il found footage divennero una delle cifre stilistiche del genere horror (esempi sono film come The Blair Witch Project, The Visit e Paranormal Activity). Il film nel tempo ha collezionato fan illustri, come Quentin Tarantino ed Eli Roth, che ha realizzato un film prendendo direttamente ispirazione dal cult del 1980 (ovvero The Green Inferno).
UN CONTRADDITTORIO HORROR POLITICO DI DENUNCIA
Cannibal Holocaust sovente viene considerato come un semplice horror basato sul gore, ma nasconde molto di più e fa anzi parte di quella tradizione inaugurata dal Romero di La Notte dei Morti Viventi (1968) che usa l’orrore per veicolare messaggi di critica sociale. Lo stesso Ruggero Deodato faticava a considerare la sua opera come un horror e non perdeva occasione di sottolineare come in filigrana vi fosse un’aspra critica dei mass media e della spregiudicatezza di una certo idea di intrattenimento.
Un messaggio che risulta più che mai attuale e che il film veicola non senza una certa contraddittorietà, ricorrendo ampiamente a scene di sesso, violenza esplicita e omicidio spiattellate davanti agli occhi dello spettatore, senza lasciare alcuno spazio all’immaginazione. La scritta finale prima dei titoli di coda, che non vi riveliamo, evidenzia poi ulteriormente il primato del desiderio perverso di voyeurismo sul degno rispetto del dolore – altro tema che echeggia sinistro ai tempi dei social.
Cannibal Holocaust avrebbe tutte le carte in regola per essere considerato un capolavoro del cinema in senso ampio e non solo relegandolo a una curiosità del cinema di genere; per ciò che racconta e per la qualità della messinscena, ma una gigantesca ombra mina il suo status.
CANNIBAL HOLOCAUST E LA VIOLENZA SUGLI ANIMALI, UNA GRANDE MACCHIA INDELEBILE SUL FILM
Il peccato capitale di Cannibal Holocaust infatti sono le violenze vere perpetrate sugli animali presenti in scena e mostrate senza pudore sullo schermo. Certo, erano altri tempi, la sensibilità verso la sofferenza degli animali era ben diversa e non era la prima volta che in un’opera cinematografica venissero mostrate sevizie reali su degli esseri viventi – la storia del cinema è piena di questi episodi.
L’uso spregiudicato e ripetuto di sequenze agghiaccianti che vedono come protagoniste creature inermi però non può non indurci a compiere delle riflessioni etico-morali sui limiti dell’arte e sulle responsabilità che ha un artista nel compiere scelte controverse. Ovviamente Deodato ha passato molti guai dopo l’uscita di Cannibal Holocaust per la questione degli animali uccisi e, nonostante a lungo si sia giustificato con motivazioni alquanto opinabili, in un’intervista ha poi ammesso che se fosse potuto tornare indietro non lo avrebbe fatto.
Il grande scrittore e sceneggiatore Truman Capote diceva che il buon gusto è la morte dell’arte. Questa frase raccoglie tutta l’essenza di Cannibal Holocaust, un film che non hai mai smesso di generare dibattito e polemiche e che, piaccia o meno, si è ritagliato un posto importante nella storia della Settima Arte.