Non capita molto spesso di vedere un film d’animazione in concorso ad un festival importante ma, alla 76. Mostra del Cinema di Venezia, è stata presentata l’ultima pellicola del regista cinese Yonfan No.7 Cherry Lane, primo lungometraggio animato dell’autore classe 1947 (ormai un habitué della rassegna cinematografica diretta da Alberto Barbera); l’opera, contro tutti i pronostici, ha vinto a sorpresa il prestigioso premio alla Miglior Sceneggiatura battendo la concorrenza di grandi titoli, primo tra tutti Storia Di Un Matrimonio di Noah Baumbach. Una scelta assolutamente inspiegabile, vediamo perché.
UN TRIANGOLO AMOROSO NELLA HONG KONG DEGLI ANNI SESSANTA
Il film mette in scena la storia di Ziming, uno studente universitario che si trova al centro di un triangolo amoroso che vede coinvolte la matura signora Yu, donna che si è autoesiliata da Taiwan, e la giovane figlia Meiling; la storia è ambientata nella Hong Kong del 1967, periodo storico in cui la megalopoli cinese era movimentata da un fermento politico e culturale fortissimo.
UN BUON SOGGETTO ROVINATO DA UNA REALIZZAZIONE TECNICA DI BASSO LIVELLO
Il nuovo progetto di Yonfan sicuramente è molto ambizioso: avvalendosi del lavoro di numerosi animatori e artisti (una sessantina circa), la storia prima è stata sviluppata con la tecnologia del 3D e poi disegnata in 2D, a tratti manualmente con la tecnica del cell shading.
Di per sé, il soggetto alla base di No.7 Cherry Lane è interessante: una storia d’amore maliziosa e provocante, ambientata in un momento molto particolare della storia di Hong Kong, sicuramente desta l’attenzione del pubblico (tenendo anche conto che, al giorno d’oggi, la città cinese si trova in una situazione molto simile a quella degli anni Sessanta).
Tuttavia l’opera, che indubbiamente trasmette un’atmosfera molto peculiare, è rovinata da una realizzazione tecnica di bassissimo livello: le animazioni sono tutt’altro che fluide e ben programmate (in primis il movimento dei personaggi, al rallentatore e quasi robotico), i fondali sono spesso completamente statici, le inquadrature molto poco cinematografiche (a volte si ha l’impressione di trovarsi davanti a un brutto videogioco) e i momenti più visionari e sensuali della pellicola sono involontariamente trash, compromettendo l’intento artistico dell’autore.
Yonfan omaggia il cinema classico americano (tra le opere citate, non poteva non mancare Il Laureato di Mike Nichols) ma, all’atto pratico, non è un valore aggiunto per la storia ma addirittura un ostacolo perché toglie minutaggio ad uno sviluppo narrativo decisamente più sensato; anche la caratterizzazione dei protagonisti, con cui non si empatizza, è mediocre e stereotipata perché agli occhi degli spettatori non sono mai interessanti e ciò penalizza inevitabilmente il risultato finale.
Nonostante sia apprezzabile il tentativo da parte di un regista di mettersi in gioco con uno stile completamente diverso, No.7 Cherry Lane rappresenta il manifesto autocompiaciuto e fallimentare di un artista che, al di fuori del mondo dei festival, non ha alcuna autorevolezza e che non è in grado di destreggiarsi con una tecnica cinematografica che, per merito anche dell’Oriente, ha regalato alla Settima Arte capolavori indimenticabili. Non è questo il caso.