Quest’anno ci sono molti titoli interessanti nella lista dei fuori concorso al Festival del Cinema di Venezia: da Safari a The Bleeder passando per Age of Shadows fino ad arrivare alle prime due puntate di The Young Pope, la selezione contiene un buon numero di pellicole di altà qualità che non sfigurerebbero di fronte a molti film in corsa per il Leone d’Oro; non fa eccezione The Journey, lungometraggio diretto da Nick Hamm che parla dello storico accordo che ha sancito la pace nell’Irlanda del Nord.
The Journey è un viaggio immaginario che ha come protagonisti due esponenti molto importanti dell’Ulster.
Nel 2006 Tony Blair (Toby Stephens), grazie al lavoro del responsabile dei servizi segreti Harry Patterson (John Hurt), riesce a mettere faccia a faccia il predicatore protestante Ian Paisley (Timothy Spall) e il repubblicano cattolico, volto politico dell’IRA, Martin McGuinness (Colm Meaney); i due, partendo da posizioni distantissime, cominciano una specie di negoziato all’interno di un furgoncino guidato dall’agente Jack (Freddie Highmore) che porterà ad un’intesa che metterà fine a quasi quarant’anni di sanguinosa guerra civile.
Il film è la celebrazione, in chiave positiva, dell’arte del compromesso in politica sui grandi temi.
Nick Hamm, nordirlandese di Belfast, riesce a confezionare un bel prodotto audiovisivo trattando un argomento molto delicato con il giusto equilibrio di humour (nel film si ride anche molto) e dramma, grazie ad una sceneggiatura brillante che fa passare in un secondo i 94 minuti di durata della pellicola; The Journey, girato dal regista in maniera calibratissima (in alcuni momenti sembra quasi una pièce teatrale), è molto intelligente perché i due personaggi, durante tutto il film, non rinnegano mai il loro passato ma, in nome di un bene superiore, si rendono conto che l’unica soluzione possibile è la pace, mettendo così i loro rancori da parte. A tutto questo aggiungiamo anche le ottime performance di attori come John Hurt, Freddie Highmore e Toby Stephens ma a fare la parte dei leoni sono ovviamente Spall e Meaney: i due insieme hanno una chimica perfetta e sono talmente bravi da bucare lo schermo in ogni singolo fotogramma (durante la proiezione il pubblico ha applaudito diverse molte).
In questa edizione molte pellicole d’autore, presenti sia in corso che fuori concorso, non hanno fatto una bella figura perché, ai nostri occhi, hanno peccato di snobismo e presunzione; un film come The Journey insegna che, a volte, sono i film più semplici ad essere quelli più riusciti.